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Bitcoin: Storia, a cosa serve e Problemi

Bitcoin è la criptovaluta per antonomasia: essendo nata nel 2009 ed avendo raggiunto l’attenzione mediatica prima di qualsiasi altra valuta crittografata, per molti la conoscenza dell’universo crypto si limita proprio a Bitcoin.

Questa è anche la più capitalizzata per distacco tra tutte le crittomonete, con una raccolta complessiva che si aggira intorno ai 100 miliardi di dollari americani.

Il vantaggio di essere stato un pioniere ha segnato in qualche modo la fortuna e la sfortuna di Bitcoin; da una parte un progetto che ha ricevuto un’attenzione mediatica ben più alta di qualsiasi altro, dall’altra il problema di una tecnologia che, secondo molti, è ormai obsoleta.

Questi due aspetti coesistono nel quasi controsenso di una regina delle criptovalute il cui regno, però, è minacciato dall’ascesa delle Altcoin sempre più sorprendenti.

In questa guida avrai modo di conoscere tutti gli aspetti di Bitcoin, tramite la sua storia e la sua evoluzione; scoprirai i meccanismi del suo funzionamento, quali siano gli aspetti che ne influenzano il valore, in che modo puoi investire – a rialzo o a ribasso – sul suo valore e quali sono le preoccupazioni per il futuro di questa valuta rivoluzionaria.

Come nasce Bitcoin

La storia di Bitcoin ci racconta la sua vera natura, che non doveva essere quella di un asset su cui speculare.

Per lo meno questo era quello che aveva in mente il suo fondatore, Satoshi Nakamoto , di cui nessuno conosce la vera identità e la cui totale scomparsa dai radar internazionali è avvenuta subito dopo il lancio di Bitcoin stesso.

L’idea ha origine a cavallo tra il 2007 ed il 2008, per poi essere lanciata a tutti gli effetti nel 2009.

In questo tempo Satoshi chiede a vari programmatori amanti del deep web di aderire al suo progetto, volto a creare un modo anonimo e impossibile da rintracciare con cui fare scambi di denaro rapidamente, con commissioni minime, in tutto il mondo e in modo del tutto trasparente.

Una valuta che non potesse essere influenzata dai fatti politici o dalle decisioni di una banca centrale, un progetto in cui gli algoritmi e la crittografia avrebbero eliminato la necessità di avere degli uomini a deciderne le sorti.

Viene così inventato il concetto di blockchain e di criptovaluta.

A Satoshi Nakamoto spetterà il 25% dei Bitcoin esistenti, mentre gli altri iniziano ad essere distribuiti gratuitamente su GitHub.

Finito il periodo di ICO gratuita, incomincia quello in cui per poter ricevere Bitcoin bisogna scambiarli per denaro: il progetto si capitalizza, diventa possibile attribuire a questa moneta un valore in valuta tradizionale (fiat, come si dice in questo campo) e sempre più investitori decidono di farne parte.

Dal momento del lancio del progetto, Satoshi mina il primo blocco della blockchain dopodiché sparisce.

Il futuro viene lasciato in mano alla community di sviluppatori e partecipanti iniziali, ma da quel giorno i cambi alla tecnologia sono stati pochi e minimi: per via della natura delle criptovalute, aggiornarle è difficile e richiede talvolta la nascita di un nuovo progetto totalmente a parte rispetto a quello originale.

L’era del Deep Web

In origine Bitcoin aveva uno scopo molto pratico.

Il web che noi navighiamo tutti i giorni, quello accessibile dai motori di ricerca e dai nostri browser, è solo una piccola parte del web complessivo.

Vediamo solo la punta di un iceberg che, in realtà, è decisamente più grande.

Tutta la parte che noi non vediamo normalmente di internet viene chiamata Deep Web, ed è possibile accedervi solo con browser specifici e misure di sicurezza per non essere rintracciati.

All’interno del Deep Web avvengono continuamente scambi monetari, ma non ci sono regole: si possono comprare armi, droga e qualsiasi cosa che normalmente sarebbe persino troppo illegale per essere immaginata.

In questo mondo parallelo nascono dei marketplace paralleli, come Silk Road, dove le persone si ritrovano su una specie di “Amazon dell’illegalità“.

Questo marketplace in particolare ha fatto sì che Bitcoin riscuotesse i suoi primi successi.

Il concetto di criptovaluta è perfetto per il Deep Web, chiamato anche Darknet.

Gli scambi avvengono tramite internet, in modo anonimo e impossibile da rintracciare; una grande soluzione al problema dei pagamenti che, ovviamente, non possono essere effettuati in contanti per via della distanza tra gli utenti collegati né con carta di credito o bonifico per via della loro rintracciabilità.

Bitcoin, dunque, è inizialmente la valuta utilizzata dalla parte meno legale di internet per regolare i propri scambi.

Piano piano il progetto inizia ad uscire dai confini di Silk Road, si espande verso il resto del deep web ed inizia ad essere accettato come metodo di pagamento anche al di fuori della parte oscura della rete.

Si diffonde sulla versione convenzionale di internet e persino offline, giusto in tempo: quando Silk Road viene chiuso nel 2013 ed il suo fondatorecondannato nel 2015, ma ormai Bitcoin è un progetto che vive di vita propria.

L’espansione mediatica

L’espansione mediatica ha inizio dalle testate giornalistiche che si interessano di internet e digitale.

Impossibile notare che il valore di Bitcoin sale, sale e sale, che chi ha investito inizialmente 5 dollari si è presto ritrovato ad averne 50.000.

Minare, al tempo, era semplice e per farlo profittevolmente bastava un computer fisso con una buona scheda grafica.

Così l’economia di questo progetto innovativo inizia ad interessare anche le televisioni.

Inizialmente i servizi sono sporadici, ma vengono seguiti da un’ondata di acquisti che aumenta ulteriormente il valore di Bitcoin.

Plus500 è tra i primi broker ad offrire i CFD per fare trading di derivati su questa criptovaluta e iniziano a nascere altri progetti, come Litecoin ed Ethereum, che si prefiggono di superare la tecnologia di Bitcoin.

Questi progetti vengono chiamati Altcoin dalla community, che li identifica espressamente come “alternative”, come se ci fosse una partita “tutti contro Bitcoin” e gli altri progetti potessero avere massa critica solo se considerati in blocco.

Si innesca un circolo, virtuoso o vizioso a seconda delle prospettive, che continua adautoalimentarsi: più il valore di Bitcoin cresce, più i media ne parlano; più i media ne parlano, più ne aumenta la domanda e di conseguenza anche il valore.

Il tutto accelera senza intervento fino al 2017, anno in cui persino al telegiornale in prima serata si sente parlare di criptovalute e chiunque, anche il meno esperto di tecnologia, cerca di accaparrarsi la sua fetta.

La bolla collassa su se stessa tra la fine di quell’anno ed il gennaio 2018, con Bitcoin che arriva a sfiorare i 20.000 dollari americani per token prima di dimezzare il proprio valore in pochi giorni.

Un futuro incerto

Quello che rimane ancora da scrivere è quel che sarà di Bitcoin dopo che i massimi di gennaio 2018 sono stati raggiunti e abbandonati.

Con il passare del tempo, quella quotazione sembra sempre di più un ricordo lontano a cui non fanno seguito nuovi lampi; a novembre 2018, per la prima volta, è stato rotto il supporto a 6.000$ e presto si è arrivati a 4.500$.

Bitcoin ha bisogno di nuovi investitori per riprendere quota, perché un calo negli investimenti equivale ad un calo nell’interesse dei miners a continuare a minare.

Se ci sono meno miners, ci sono anche meno prospettive di continuare ad aggiungere blocchi fino al 2140, anno in cui si presume che l’ultima moneta sarà stata minata.

Queste, infatti, hanno da principio un numero limitato pari a 21 milioni; dopodiché, si potranno solo dividere infinitamente in parti più piccole ma non ne verranno più create di nuove.

Per la prima volta, quell’ascesa che sembrava inarrestabile inizia a vacillare.

Ora il futuro di Bitcoin è appeso alle decisioni del mercato, il quale è diviso tra chi decide di tenere duro e chi si abbandona al pessimismo raccogliendo il valore attuale per chiudere la sua posizione.

Quello che succederà dopo sarà, con ogni probabilità, la fase che segnerà una volta il destino delle criptovalute.

A cosa serve Bitcoin

Nell’idea di Satoshi Nakamoto, Bitcoin avrebbe dovuto rispondere ad alcuni problemi ben precisi:

  • Consentire a tutti di eseguire transazioni nella stessa valuta, non importa da quale parte del mondo a quale altra essa viaggi
  • Ridurre drasticamente i costi per le transazioni
  • Ridurre drasticamente i tempi, specialmente paragonando Bitcoin al bonifico bancario
  • Impedire che una sola autorità avesse controllo su elementi macroeconomici fondamentali, quali il tasso d’interesse centrale e l’inflazione
  • Eliminare la necessità di fidarsi di un’istituzione per condurre transazioni
  • Garantire a tutti coloro che vogliono scambiare denaro di poterlo fare con la massima privacy

Insomma, Bitcoin non nasce per “valere tanti euro”.

Bitcoin nasce per sostituire completamente qualsiasi altra valuta, ed è stato proprio il fenomeno speculativo a cambiarne il volto.

Dal momento in cui le persone sono state più interessate al controvalore in valuta fiat, le criptovalute sono diventate asset su cui investire a rialzo o a ribasso e non più delle alternative al denaro stampato dalle banche centrali.

Come funziona Bitcoin

Bitcoin, come tutte le criptovalute decentralizzate, si basa sulla tecnologia blockchain.

Non si può parlare dell’una senza parlare dell’altra, per cui se non ne conosci il funzionamento ti consiglio di leggere la nostra guida alla blockchain prima di proseguire.

Qualora tu avessi già un’idea precisa di come funzioni questa tecnologia, prosegui tranquillamente.

Transazioni e blocchi

Alla base di tutto ci sono le transazioni che avvengono tra gli utenti, dalle quali hanno origine i dati che compongono i blocchi.

Approssimativamente, ogni volta che queste transazioni costituiscono 1,3 Mb di dati è necessario cheun nuovo blocco venga aggiunto alla catena.

Perché ciò sia possibile, è necessario che il blocco venga prima crittografato.

Quando il blocco viene aggiunto alla catena, tutte le transazioni che questo contiene diventano verificate e dunque immutabili.

Tutti ricevono una copia del nuovo blocco per trasparenza, così da poter controllare universalmente che quelle transazioni esistono e non si possono più cancellare.

Il tempo necessario per l’aggiunta di un blocco è mediamente di 10 minuti.

Crittografia

Chi deve occuparsi della crittografia dei blocchi?

Qui entra in gioco il ruolo del miner, ovvero il “minatore” di Bitcoin.

Il suo ruolo è quello di prestare potenza di calcolo affinché il blocco venga correttamente crittografato e che le transazioni al suo interno vengano disposte secondo l’ordine cronologico corretto.

Questa procedura richiede molta potenza di calcolo e molta energia elettrica, ragion per cui i miners vengono ricompensati in due modi: con l’emissione di nuovi Bitcoin e con le commissioni di transazione.

Sia l’una che l’altra ricompensa vengono assegnate esclusivamente a chi è riuscito a “risolvere” il blocco, non a tutti coloro che hanno partecipato al processo.

Per aumentare le proprie probabilità di risolvere il blocco, solitamente i miners si raccolgono in delle mining pool e poi dividono le ricompense in modo proporzionato (alla potenza di calcolo, in questo caso) tra i suoi partecipanti.

Ogni 2016 blocchi, la difficoltà nel mining di un blocco aumenta.

Questo processo assicura che, man mano che aumentano le transazioni, aumenti anche il livello di sicurezza della rete; ad oggi i grossi miner non hanno più solo un computer, ma hardware dedicati e molto costosi che possono addirittura trasformarsi in vere e proprie “fabbriche” di Bitcoin, solitamente collocate nelle zone del mondo in cui l’energia elettrica ha un costo più basso.

I wallet

Ogni proprietario di Bitcoin deve avere un wallet su cui conservarli, un portafoglio digitale che mette al sicuro i codici da cui è rappresentata la valuta.

Tieni a mente che, se come la maggior parte degli investitori, ti troverai aspeculare sui CFD ed il trading online, non avrai bisogno di questa soluzione.

Il wallet è necessario soltanto per custodire criptovaluta vera e propria.

I wallet di Bitcoin possono essere digitali o solidi.

Per la tua massima sicurezza, il consiglio è sempre quello di usare un hardware wallet come il Ledger Nano S, il KeepKey o il Trezor.

Mantenendo i tuoi Bitcoin offline, non avrai da temere che un attacco informatico possa sottrarteli quando meno te l’aspetti.

L’inflazione

Bitcoin ha un tasso di inflazione naturale, proprio perché quando i miners risolvono un blocco ottengono nuovi Bitcoin.

Sono nuovi a tutti gli effetti: non appartenevano a nessuno, quindi sono stati minati.

Questo processo, come anticipavamo prima, andrà avanti finché sulla rete non ci saranno 21 milioni di Bitcoin emessi.

Dal momento in cui Bitcoin è stato lanciato, la sua inflazione è via via in calo: questo non per motivi legati ad un decisore, ma perché l’algoritmo è stato programmato così.

Dal momento in cui nella prima fase i miners ricevevano 50 Bitcoin per blocco minato, mentre ora ne ricevono soltanto 12,5 (c’è stata una fase intermedia in cui se ne ricevevano 25), con il passare del tempo e l’aumentare dei blocchi sempre meno nuovi Bitcoin vengono messi in circolazione.

Il tasso di inflazione di Bitcoin non è più granché significativo per decidere le sorti del suo valore.

Data la facilità con cui questa e altre criptovalute aumentano e diminuiscono la propria capitalizzazione, a fare la differenza è soprattutto il comportamento dei mercati.

Per comprendere il funzionamento dell’inflazione, facciamo un esempio:

  • Ci sono 100 milioni di euro investiti in 10.000 Bitcoin. Ogni Bitcoin varrà 10 milioni / 10.000 = 10000 euro
  • Successivamente vengono minati altri 10.000 Bitcoin, mentre la capitalizzazione di mercato rimane uguale
  • A questo punto ci saranno 100 milioni di euro di capitalizzazione e 20.000 Bitcoin. Ogni Bitcoin varrà 10 milioni / 20.000 = 5000 euro

Ovviamente in questo esempio abbiamo esagerato il numero di Bitcoin minati a parità di capitalizzazione, ma lo abbiamo fatto solo per rendere evidente il modo in cui l’inflazione, aumentando il denominatore del rapporto tra capitale e monete, diminuisca l’effettivo valore della moneta.

L’inflazione si arresterà completamente quando, una volta minato l’ultimo Bitcoin, le monete totali rimarranno 21 milioni.

Anche se il 2140 sembra lontano, in realtà, l’inflazione sarà quasi insignificante già da molto tempo: pensa che in soli 10 anni dalla nascita di questo progetto ne sono già stati minati 17,3 milioni.

I 20 milioni saranno raggiunti già ben prima del 2050, il che è parte del motivo per cui nel 2017 quando Bitcoin continuava a crescere le persone correvano smaniosamente ad accaparrarsi le monete disponibili sul mercato.

Problemi connessi a Bitcoin

Fino a qui abbiamo descritto tutto quello che Bitcoin può fare.

Ci sono però anche cose che non può fare e soprattutto problemi che minacciano la sicurezza di questa rete.

Fino a questo momento l’architettura iniziale è stata rivista una sola volta nel 2010, quando la dimensione dei blocchi fu portata ad 1 Mb.

Ora che il mondo crypto è cresciuto, confrontando questo e altri progetto appaiono subito evidenti i limiti di Bitcoin.

Corrente elettrica e ambiente

Un primo problema è quello ambientale.

Il mining di Bitcoin inquina più delle grandi fabbriche di metalli o automobili, il che non è molto in linea con lo spirito di un progetto contemporaneo che vorrebbe rivoluzionare l’economia.

Per fare profitti e mettere al sicuro la rete, i miners hanno gradualmente migliorato i propri sistemi fino a costruire dei veri e propri stabilimenti in cui le schede grafiche lavorano senza sosta.

Decine di migliaia di queste sono connesse ad un solo computer che esegue in continuazione calcoli per tentare di risolvere i blocchi, mentre giganteschi impianti di raffreddamento riscaldano le schede.

Il problema della corrente elettrica ha portato la gran parte dei miners a trasferirsi nelle nazioni in cui questa costa di meno.

Esempi tipici sono la Cina, l’Islanda, la Groenlandia e il Canada; non solo qui la corrente costa meno, ma il costoso processo di raffreddamento delle schede può essere limitato o annullato dalle basse temperature già garantite dal clima locale.

Ecco un problema critico di Bitcoin: già al momento,nei paesi europei e negli Stati Uniti, i costi dell’elettricità sono tali da rendere il mining una perdita di denaro o un investimento dalla redditività estremamente bassa.

In altri posti dove la corrente costa meno, i governi centrali stanno pensando di aumentare i costi per chi mina criptovalute in modo da contenere il problema ambientale; questo implica che in qualche modo i miners ed indirettamente Bitcoin possono essere manipolati dalle decisioni del governo in materia di energia elettrica.

Questo tipo di problema viene aggirato da altri progetti che, come Ethereum e Ripple, non si basano sul protocollo di verifica proof-of-work per convalidare le transazioni.

51% attack

Con 51% attack si definisce uno specifico tipo di attacco che sarebbe in grado di compromettere definitivamente Bitcoin.

Come abbiamo detto più volte nel corso della guida, sostanzialmente questa rete si basa sulla potenza di calcolo e sulla democrazia: la potenza di calcolo verifica le transazioni, ma solo perché essendo distribuita tra tanti utenti è in grado di assicurare democrazia alla rete.

Se un solo nodo della blockchain arrivasse a rappresentare il 51% della potenza di calcolo della rete, il progetto Bitcoin verrebbe compromesso.

Ovviamente, per il momento, un solo nodo non è in grado di arrivare a tanto: il problema si porrà però tra qualche tempo.

Il sistema computazionale binario (fatto di 0 e 1) con cui funzionano attualmente i dispositivi elettronici è stato fino ad ora pressoché immutato da quando è stato inventato.

Non ancora in commercio, ma già per alcuni progetti militari, sono però impiegati i computer quantistici che consentono di generare una potenza di calcolo infinitamente superiore a quella attuale.

Il primo computer quantistico disponibile al pubblico è quello creato da IBM ed è disponibile a chi desideri noleggiarlo tramite cloud.

Al momento è un computer da “soli 5” qubit: senza stare ad approfondire troppo, è una tecnologia molto più potente di quelle attuali ma molto meno della prima generazione di computer quantistici che verrà rilasciata al pubblico.

Quando questo accadrà, i primi nodi a collegarsi con questi dispositivi alla rete Bitcoin potrebbero abbastanza agevolmente riuscire ad arrivare a costituire il 51% della potenza di calcolo della rete.

Tempo di conferma

Il tempo necessario per confermare una transazione è sempre di 10 minuti.

Quando il tempo si abbassa, l’algoritmo aumenta la difficoltà; se il tempo aumenta, l’algoritmo diminuisce la difficoltà.

Regolando i livelli di difficoltà nel trovare la chiave giusta con cui minare Bitcoin, si garantisce alla rete che un numero maggiore di miners non equivalga a transazioni più rapide ma a transazioni più sicure.

Il problema alla base di tutto ciò è che non è facile pensare di sostituire il denaro tradizionale con un valuta che impiega 10 minuti per arrivare in modo sicuro da un nodo all’altro.

Sicuramente è molto meglio di quello che succede con un bonifico e i costi spesi in commissioni sono minori di quelli dei sistemi più rapidi come carta di credito o PayPal.

Il problema è che attraverso questi sistemi non si arriverà mai a sostituire il denaro contante, la forma più rapida di scambio e con le minori commissioni.

Criptovalute più recenti come EOS, Ripple e Tether sono in grado di eseguire transazioni sicure in meno di un secondo.

Questo le avvantaggia decisamente e toglie un po’ di credibilità al fatto che Bitcoin sia decisamente più capitalizzato di tutti questi tre progetti messi insieme.

Privacy

Non è detto che Bitcoin sia realmente sicuro sotto il profilo della privacy.

Sono stati condotti degli studi a riguardo da alcuni dei suoi sviluppatori iniziali, giunti poi alla conclusione che ci sia il modo di risalire ai movimenti effettuati da un wallet nel corso del tempo.

Questo ha portato alla nascita di Bitcoin Cash e Litecoin, due criptovalute molto simili a tutti gli effetti a Bitcoin ma basate su dei protocolli che le rendono più rapide e più sicure allo stesso tempo.

Per il momento è ancora molto difficile ipotizzare di decrittare Bitcoin e scoprire chi ha effettuato quali operazioni nel corso del tempo, ma dal momento in cui gli Exchange sono molto rigidi nel confermare le identità dei propri clienti è facile che risalendo ai wallet si riesca a risalire anche ai loro proprietari.

Un’altra volta, l’avvento dei computer quantistici ci dirà di più a riguardo.